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Hikikomori: allarme tra adolescenti! Ecco come prevenirlo

Hikikomori
Picture of Nan Coosemans

Hikikomori: che cos’e’, quali sono le cause e come se ne può uscire

Chi sono Hikikomori? Quand’è che possiamo definire nostro figlio un Hikikomoro e come si può contrastare questa sindrome?

“Hikikomoro” è un termine Giapponese, utilizzato per la prima volta dallo psichiatra giapponese Saito Tamaki e che significa “restare in disparte”. 

La parola è infatti composta dall’unione dei verbi “hiki” che significa tirare indietro e “komoro” che significa ritirarsi. 

In cosa consiste dunque questa sindrome? Consiste proprio nel ritirarsi dalla vita sociale e, nei casi più gravi anche da quella familiare, a causa di una forte ansia e fobia nei confronti della socialità. 

Il fenomeno degli Hikikomori è stato studiato per la prima volta in  Giappone nel 1978, Paese che conta almeno 1 MLN di casi, è stato poi analizzato e stimato anche in altri Paesi, tra cui l’Italia che attualmente conta almeno un 100.000 tra ragazzi e ragazze di cui 54.000 già in ritiro e 63.000 in forte rischio. 

Quali sono i campanelli d’allarme che avvertono di una possibile sindrome da Hikikomoro?

Il fenomeno del ritiro sociale non rientra, in questo momento, tra i disturbi psichiatrici. Non esiste quindi una diagnosi ben precisa, tuttavia questo fenomeno è accompagnato da una serie di disturbi di cui la persona, solitamente un ragazzo o una ragazza tra i 14 e i 30 anni, soffre. 

Disturbo d’ansia e fobia sociale, i ragazzi tendono ad evitare le circostanze in cui c’è socialità, rifiutano tutte quelle che non sono obbligatorie come le attività sportive o artistiche al di fuori della scuola. Non escono con gli amici, declinano ogni invito e alla fine, quando il fenomeno si aggrava, iniziano a ritirarsi anche dai contesti sociali obbligatori come quello della scuola. 

Disturbi dell’umore, i ragazzi sono spesso pessimisti e cinici riguardo la vita e il loro futuro. Non riescono a fare pensieri positivi e ad uscire fuori da questo atteggiamento mentale che inevitabilmente li porta, con il tempo, a sperimentare depressione. 

Disturbo di schizofrenia, vedono cose che non accadono, questo disturbo solitamente si sviluppa in seguito alla prolungata chiusura e all’isolamento. La schizofrenia si manifesta anche attraverso un disturbo del sonno/veglia. Gli hikikomori, infatti, dormono di giorno (rifiuto della luce) e sono svegli di notte.

Alla base dello sviluppo di questo disturbo è ovvio che quindi ci sia una predisposizione,in parte genetica, del ragazzo e della ragazza ad avere uno stile di pensiero negativo e a non “sopportare” la socialità. 

C’è però da sottolineare che queste due caratteristiche della persona non portano automaticamente al ritiro dalla socialità. 

Ci sono quindi delle situazioni che aggravano la sensazione di disagio e sofferenza dei ragazzi scatenando così la decisione di ritirarsi dal mondo. 

Le circostanze avverse che portano i ragazzi ad involvere in “ritirati sociali”, sono le seguenti: 

  • Casi di bullismo scolastico di cui i ragazzi sono vittime 
  • Problemi con un amico, un’amica o con un fidanzato/una fidanzata 
  • Insuccessi scolastici e non che distruggono l’autostima 
  • Famiglia disincentivante, troppo richiedente, assente
  • Genitori troppo protettivi e apprensivi che bloccano il processo di crescita

“Un mondo avverso, che chiede troppo e che si aspetta troppo è una delle cause scatenanti la decisione di ritirarsi socialmente per paura di non farcela, di non essere in grado, di essere denigrati, di essere giudicati”

Interessante è la ricerca svolta tra tutti i casi di Hikikomori che ha messo in evidenza una sorta di IDENTIKIT dell’ Hikikomoro

Si tratta di un adolescentie, nella maggior parte dei casi maschio, che ha tra i 15 e i 30 anni. Di estrazione sociale medio alta, i cui genitori sono laureati e nella cui famiglia si evidenzia la mancanza del padre che, spesso, dedica troppo tempo al lavoro. 

Cosa deve fare un genitore che ha un figlio Hikikomoro o che nota i campanelli d’allarme?

Se un genitore nota dei campanelli d’allarme, come una particolare tendenza del proprio figlio o della propria figlia ad essere eccessivamente timidi ed introspettivi dovrà immediatamente formarsi e informarsi per far sì di non incentivare una totale chiusura del figlio o della figlia. 

Il primo passo, quindi, è quello di CAPIRE senza agire a caso.

Spesso i genitori tendono, invece, a “lanciare” letteralmente il figlio nelle situazioni sociali sperando che questo porti ad una sorta di “sblocco” un “trauma positivo” che lo aiuti a capire che, alla fine, “socializzare, fare nuovi amici o affrontare nuove sfide” non è poi la fine del mondo. 

Purtroppo questo atteggiamento è quello più controproducente possibile. 

I ragazzi infatti, davanti a queste azioni dei genitori si sentiranno ancor di più INCOMPRESI e NON CAPITI. Automaticamente inizieranno a pensare di essere sbagliati e che qualcosa in loro non va. 

Questo pensiero fomenterà altri pensieri negativi che apriranno la porta a quello che potenzialmente potrebbe essere un inizio di depressione. 

I ragazzi con ansia e fobia sociale vanno presi seriamente, bisogna che i genitori acquisiscano conoscenze, che sviluppino empatia e che imparino le giuste modalità di comunicazione per poter instaurare una connessione con il figlio o la figlia, ritagliandosi e mantenendosi un preziosissimo spazio di interazione e di influenza. 

Se il genitore non punta a creare e mantenere la connessione, i ragazzi allora alzeranno muri che poi diventeranno invalicabili. 

Lo sa bene chi ha già un figlio Hikikomoro in casa. 

Sono chiusi in camera, interagiscono poco o pochissimo, spesso sono al buio, non hanno alcun interesse o tutti quelli che hanno sono virtuali. Spesso i soli amici sono quelli che giocano ai videogiochi. Hanno smesso di andare a scuola e non hanno prospettive e ambizioni per il futuro. 

Gli Hikikomori sanno di avere un problema e sono afflitti dal senso di colpa per non riuscire a risolverlo. Sanno che stanno perdendo il loro tempo e che questo tempo non tornerà mai più indietro. Per tale motivo entrano ancor di più in un vortice di disperazione, profonda tristezza e angoscia a cui non sanno come reagire se non con l’assenza di azione. 

Se si ha un figlio già allo stadio puro del ritiro, solitamente dopo i 6 mesi di reclusione, bisogna assolutamente entrare in contatto con le associazioni di genitori che stanno affrontando la stessa sfida, farsi guidare da professionisti e iniziare un percorso di riabilitazione del ragazzo o della ragazza. 

Gli Hikikomori sono molto restii a farsi aiutare, per cui questo percorso avviene tramite i genitori che giostreranno dietro le quinte per cercare di entrare in questo mondo in cui il loro figlio si è rinchiuso e di tirarlo fuori piano piano da lì. 

La cura al ritiro sociale spesso richiede l’assunzione, almeno per i primi periodi, di antidepressivi, questa scelta ovviamente ma valutata con molta attenzione e cautela. La facilità con cui oggi, i dottori, prescrivono gli antidepressivi è assurda. 

Sappiamo benissimo che già nello stile alimentare risiede la prima cura alla depressione, mangiare bene, mangiare sano è la prima azione positiva che un genitore può fare. Nutrire mente e corpo con tutto ciò di cui ha bisogno servirà ai ragazzi a sostenersi, a mantenersi lucidi e sani, perchè spesso, non muovendosi diventano anche obesi. 

Un’altra importante azione dovrà essere quella di “giocarsi” al meglio gli spazi di socialità che il figlio o la figlia concedono ai genitori. Se i ragazzi, infatti, lasciano spazio a conversazioni durante i pasti o in altre occasioni, i genitori dovranno evitare di assumere comportamenti tossici. 

Quali sono i comportamenti tossici che i genitori devono evitare? 

  • Insistere troppo su dei tasti dolenti 
  • Giudicare o dire quella parola di troppo che urta la sensibilità dei figli
  • Sfogare la frustrazione su di loro aumentandone il senso di tristezza 
  • Usare un linguaggio negativo sia parlando di se stessi che parlando degli altri 
  • Essere troppo giudicanti verso gli altri e quindi parlare “male” di altri 
  • Mangiare male o mangiare troppo bene in maniera fissata e quindi avere un legame tossico con il cibo 
  • Lamentarsi troppo di ciò che accade nelle loro vite focalizzandosi di più sul problema che sulla soluzione
  • Non fare mai complimenti ai ragazzi per ciò che sono e per i piccoli passi che fanno 
  • Assumere un body language che trasmette il contrario di ciò che si dice 

Gli Hikikomori sono ragazzi che hanno bisogno di essere accolti e di accogliersi. 

Hanno bisogno di amarsi, di credere in se stessi e di sapere che “qualunque cosa essi facciano” sono al sicuro, nessuno li giudicherà. Gli errori sono la normalità, ognuno di noi fa del suo meglio e nessuno è immune allo sbagliare. 

Devono essere alleggeriti dal senso di colpa, devono essere spronati in maniera indiretta a guardare alla vulnerabilità come una grande opportunità per apprendere.  Non possono essere tediati dal concetto di perfezione fisica e mentale, non devono nutrirsi di “grandi aspettative” devono essere invece nutriti di speranze, di accoglienza, di amore, di serenità. 

In qualità di coach per genitori e per adolescenti, ho visto e vissuto moltissimi casi di Hikikomori, soprattutto dopo questi due anni di chiusura e ho avuto il compito di guidare moltissimi genitori di Hikikomori. 

Ciò che ci tengo a dire e che ho sempre detto loro è di prendere questa situazione non solo come un problema ma bensì anche come un’opportunità. 

I genitori di adolescenti Hikikomori, vengono sfidati dalla vita a diventare quel genitore che ancor di più deve sviluppare empatia, comunicazione, amore, accoglienza.  Non solo verso i figli, ma anche verso se stessi. 

Hai un figlio Hikikomoro o hai notato i primi segni di estrema timidezza e ansia sociale in tuo figlio o tua figlia? 

Vorresti avere un colloquio con noi per capire come muoverti e che strumenti utilizzare per supportare i tuoi figli? 

Clicca qui per contattarci e chiedere informazioni, ti richiameremo e indicheremo il percorso adatto a te e ai tuoi figli.

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Nan Coosemans

Fondatrice di Younite®, Family e Youth Coach, Autrice del libro “Quello che i ragazzi non dicono” ed. Sperling & Kupfer e mamma di 3 figli. Lavoro da oltre 20 anni nel mondo dello sviluppo personale. Ho fondato Younite® nel 2010 e Genitori in Azione nel 2016, la prima scuola online per genitori con adolescenti. Ho studiato vari anni in America, Olanda e Inghilterra integrando il lavoro sviluppato con con NLP, TLT, VT® e Family Therapist. Insieme alla squadra di Younite® ho lavorato con migliaia di ragazzi e famiglie in Olanda & Italia. Sono co-fondatrice dell'Accademia YADA, la prima scuola di formazione per diventare Family o Youth Coach in Italia

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