Quante volte in casa si reagisce quasi automaticamente ad un comportamento, un gesto una parola detta da un figlio al genitore o viceversa?
Quante volte abbiamo l’impressione che ci siano delle micce sparse qua e là, che fanno scoppiare cariche di dinamite più o meno potenti?
Quando capita, ci sentiamo quasi vittime della situazione, come se dentro di noi ci fosse un pulsante che fa partire una reazione a catena che diventa inarrestabile: in pochi minuti è tutto fuoco e fiamme, non si parla ma si urla sempre di più, non si ascolta ma si trova solo il modo di dire l’ultima parola e di avere ragione.
Quando capita, l’unico modo per smettere è andarsene, aspettare che i postumi dell’esplosione si risolvano, che il fuoco si spenga, per poi ricominciare da capo; a volte si preferisce non tornare sull’argomento ma poi passano gli anni e le cose non chiarite diventano tabù, oppure, nei casi peggiori, ci troviamo a spendere energie per recuperare i danni fatti dall’esplosione.
Ti è mai capitato? Ti sei mai chiesto perché accade?
Come mai in casa, con i figli in particolare, ingaggiamo battaglie senza sosta e senza vincitori? Ti sei mai chiesto con che armi combattiamo?
Forse, se ti sei fatto queste domande, hai intuito che quasi sempre si tratta di battaglie di resistenza, combattute con le stesse armi. Sì, perché le armi dei nostri figli sono le nostre, gliele abbiamo insegnate noi, le reazioni dei nostri figli sono le nostre, magari quelle che ci piacciono meno e che ci fanno arrabbiare di più, quelle che cerchiamo di nascondere con tutte le nostre forze ma che saltano fuori nei momenti di stanchezza, a casa, dove ci sentiamo più tranquilli e protetti.
Perché i nostri figli hanno trascorso una vita ad osservarci e sanno benissimo cosa facciamo quando siamo turbati, reagiscono a segnali che nemmeno noi riconosciamo e, reagendo, innescano la nostra reazione uguale e contraria.
Secondo il terzo principio della dinamica, ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Quindi, come possiamo disinnescare la reazione senza abbandonare il campo, prevenendo anche l’inevitabile allontanamento causato da questa dinamica?
C’è un altro principio fisico che può aiutarci a trovare una risposta: il principio di entropia o secondo principio della termodinamica.
Immaginiamo di mettere in contatto due corpi a diversa temperatura, il contatto genera un trasferimento di energia termica dal corpo più caldo al corpo più freddo.
Possiamo immaginare che le molecole del corpo più caldo siano più mobili e che, in qualche modo, trasferiscano la loro mobilità alle molecole del corpo più freddo, aumentandone il disordine, cioè l’entropia (dal greco: ἐν en, “dentro”, e τροπή tropé, “trasformazione”).
Secondo l’enunciato più generale del secondo principio della termodinamica, qualunque trasformazione spontanea è accompagnata dall’aumento di entropia, cioè una trasformazione interna dei corpi coinvolti.
Quindi, perché non accogliere ciò che i nostri figli ci dicono?
Loro sono i corpi caldi che hanno agitato le nostre cellule. Ascoltiamoli ed osserviamoli, avviciniamoci e lasciamo che avvenga quel naturale cambiamento che porta all’equilibrio.
La termodinamica ci dà un’altra bella notizia: non è possibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia il trasferimento di calore da un corpo più caldo ad uno più freddo, perché ci sarà sempre una dispersione che produrrà una variazione dell’ambiente, infatti si dice che l’entropia dell’universo aumenta continuamente ed inevitabilmente.
Quindi, in parole più semplici: quando noi cambiamo, cambia l’ambiente, viviamo meglio, ci evolviamo ed i nostri figli sono l’origine ed il risultato della nostra evoluzione.