Distaccarci dagli stereotipi familiari di un tempo per diventare una famiglia in cui ogni membro è al centro del suo spazio vitale.
Poco tempo fa ho seguito una bella lezione sulle differenze di genere, quelle che un tempo venivano chiamate differenze fra i sessi, insomma differenze fra uomo e donna.
La studiosa che ci accompagnava in questo viaggio, ci ha parlato del Diritto di Famiglia e della sua riforma del 1975. Gli ultimi anni dello scorso secolo hanno segnato, fortunatamente, importanti cambiamenti nella storia della donna e nella legislazione del nostro Paese. Prima della riforma del 1975, la famiglia era organizzata sotto un “capofamiglia”.
Questo, marito e padre, aveva il diritto di scegliere in autonomia il luogo di residenza della famiglia. Alla moglie spettava il compito di seguire il marito, benché questo potesse comportare la perdita del suo lavoro o la separazione dai suoi affetti. Fino al 1975, al marito era inoltre affidata la patria potestà, in parole povere l’esclusivo potere sui figli.
Nel 1975 avevo 10 anni, quando penso a quel periodo mi sembra davvero dietro l’angolo. Ricordo benissimo quegli anni, le abitudini e i ritmi della nostra vita familiare. Mio padre è sempre stato un uomo equo e giusto, consapevole delle proprie responsabilità nei confronti della famiglia.
Non ha mai approfittato delle “opportunità” che il Diritto di Famiglia gli avrebbe dato, credo proprio che non le abbia neanche mai prese in considerazione, è sempre stato rispettoso e riconoscente verso mia madre e verso il suo enorme impegno nella famiglia.
Proprio per questo, ciò su cui vorrei porre l’attenzione e che suscita ancora in me uno stupore misto a timore (quando ci penso) è che, a quei tempi, il nostro codice civile legittimasse le differenze di genere.
Senza rendercene conto tutti noi, parlo di donne e uomini della mia generazione, nominati “boomers” dai nostri figli, siamo cresciuti nel sentore che non tutto fosse equo e che il valore del padre fosse superiore a quello della madre.
Di seguito riporto un esempio perché mi piacerebbe per poter spiegare meglio il mio punto di vista a chi sta leggendo le mie parole.
Mentre respiro non penso, di solito, al fatto che il respiro sta entrando nel corpo, ossigenando le cellule e dirigendosi ai polmoni. Non mi chiedo neanche se l’aria che sta entrando nel mio corpo trascini con sé qualcosa di cui farei volentieri a meno; semplicemente respiro.
Allo stesso modo noi bambine e bambini di allora abbiamo “respirato” quell’aria portatrice di “differenze fra un uomo e donna, fra marito e moglie” e chissà se, senza esserne consapevoli, quel condizionamento occupa ancora spazio dentro di noi.
Certamente la maggior parte di noi, ora, è contraria all’idea della patria potestà e di una madre che non ha neanche il potere di guidare l’educazione dei figli.
Però, volenti o nolenti, siamo cresciuti in un sistema che ha difeso queste storture.
Molte donne di allora e di oggi hanno considerato normale rinunciare al proprio lavoro per dedicarsi alla vita coniugale e ai figli. Tante casalinghe non avrebbero scelto di rinunciare al proprio lavoro e alla propria autonomia finanziaria. Oggi magari molte di loro sceglierebbero di avere il proprio mestiere e occuparsi comunque dei figli.
Come facciamo, quindi, a ripulirci da quell’aria viziata respirata e proteggere la nostra famiglia dagli stereotipi del passato?
Come possiamo promuovere il concetto di “genitorialità” con più energia rispetto a quello di “maternità”?
Come possiamo rafforzare il fatto che la nascita e la cura di un figlio non sono di esclusiva responsabilità della madre ma anche una bellissima responsabilità per il padre?
Oppure, come possiamo superare l’idea che l’uomo si realizzi attraverso la carriera e la donna attraverso la famiglia, che gli uomini siano meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche, che all’uomo spetti di occuparsi delle necessità economiche della famiglia mentre alla donna la cura della casa?
Questi sono solo alcuni degli stereotipi che ci siamo sentiti raccontare da sempre.
Per ripulirci dai pensieri inquinanti respirati dalla nascita, possiamo provare un esercizio apparentemente semplice:
Prendiamoci un po’ di tempo per noi, lasciamo persone e pensieri fuori dalla porta.
Adesso immaginiamo la nostra vita, come una serie di cerchi concentrici, in cui trovano spazio le relazioni, il lavoro, la famiglia.
Partendo dalla zona più periferica, camminiamo verso il centro del cerchio. Lì incontreremo il nostro spazio vitale, il nostro vero Io.
Solo in apparenza l’esercizio è semplice, molte forze tenderanno a trattenerci nel luogo periferico: le opinioni degli altri, le abitudini, le paure del cambiamento, il ruolo che ci è stato assegnato, le disillusioni, le credenze limitanti, il senso del dovere.
Ma abbiamo anche una forza che ci spinge verso il centro: il bisogno di liberarci di zavorre inutili, di regole anacronistiche e errate, di false credenze, di pregiudizi e condizionamenti; ci spinge verso il centro del cerchio, il bisogno di contribuire al benessere della propria famiglia passando attraverso il riconoscimento di sé stessi, la gioia di essere al volante della nostra vita.
Per mettersi al centro della propria vita occorrono: determinazione, amore, fiducia e chiarezza nel nostro obiettivo.
In una coppia genitoriale equa, il padre e la madre si confrontano sulle scelte educative, sulla casa, sulla gestione finanziaria, sulle vacanze della famiglia.
Il padre rinforza la madre, la madre rinforza il padre, e il figlio trae la sua forza da entrambi.
Certamente ci sono momenti in cui la visione di un genitore è diversa da quella dell’altro, ma vincerà la scelta più giusta per la famiglia, l’appartenenza al genere non c’entra nulla. Così un figlio cresce “respirando” il valore e il rispetto reciproco dei genitori, persino quando la pensano diversamente!
Quali sono i benefici del liberarci di stereotipi familiari vecchi e dannosi?
- Contribuire a un cambiamento che si rifletterà nell’ambiente circostante
- Creare un nuovo equilibrio fra marito e moglie, più salutare, armonioso e magari anche più divertente
- Dare ai propri figli un’immagine coerente e congruente di sé stessi e dell’essere genitori
- Accrescere il rispetto verso sé stessi e verso gli altri, trasmettere ai figli il valore di ogni persona, indipendentemente dal genere
Se non sei abituata/o a metterti al centro e non sai quanto bene ti possa fare, potresti esercitarti più volte nel tracciare il tuo cerchio.
Senti come è salutare e divertente stare al centro, come cambia la prospettiva?
A livello mentale si possono fare tante cose. Ad esempio io mi immagino al centro del mio cerchio come una grossa quercia, talmente radicata che niente e nessuno può spostarla. Il suo tronco forte ondeggia leggermente con il vento, in modo da non spezzarsi. Le sue fronde offrono ospitalità agli uccelli e li proteggono.
Dopo che ti sarai abituata/o a occupare il posto centrale nella tua vita, vedrai che tutto scorrerà meglio. Occuparci di noi e del nostro benessere è un gesto altruista, perché solo se siamo felici possiamo aiutare chi non lo è.
Quindi, nell’augurarti un buon allenamento, sappi che se avessi bisogno di una guida puoi sempre contattare un coach di Yada Younite.