Cos’è questa sensazione di malessere, di tristezza che mi assale all’improvviso mentre cammino tranquilla tra la natura?
Come mai un turbinio di emozioni si prende gioco di me? Perché le emozioni coinvolgono e condizionano la mia vita e le mie scelte?
Come si attiva un’emozione? È un processo fisiologico o mentale?
Sono poche domande tra la moltitudine di interrogativi che ci poniamo quando parliamo delle emozioni.
Partendo dall’etimologia, la parola emozione deriva dal latino “emovere” e significa “trasportare fuori”, smuovere, scuotere.
È una risposta orientativa ad uno stimolo esterno che si concentra su cosa è per noi più importante rispetto ad altri stimoli, indicandoci le priorità, ed è un processo di attivazione che ha una base fisiologica.
Si attiva sia come conseguenza ad uno stimolo esterno: ascoltiamo la canzone legata ad un vecchio amore e avvertiamo una leggera malinconia o un senso di beatitudine (l’emozione che proviamo è il significato che abbiamo attribuito, in base alle nostre esperienze, a quell’evento particolare), sia come reazione che arriva dall’inconscio alla nostra sfera conscia. Un pensiero ricorrente di una situazione genera l’emozione ad essa collegata.
Quindi che cosa sono le emozioni e qual è la loro funzione?
Le emozioni sono segnali elettrochimici che fluiscono attraverso di noi in un ciclo continuo. Questi segnali vengono rilasciati nel cervello in risposta a come vediamo e percepiamo il mondo circostante.
Ogni minuto veniamo bombardati da milioni di informazioni che arrivano dall’ambiente esterno attraverso i nostri sensi; noi siamo consapevoli solo di una piccolissima parte di essi e a questa diamo un significato in base all’educazione ricevuta, all’ambiente culturale in cui viviamo, alle esperienze pregresse. Successivamente colleghiamo ad esse un’emozione e, di conseguenza, associamo un’azione.
Tale processo è fondamentale per la sopravvivenza della specie: la parte del cervello più antica (il “cervello rettile”) è funzionale laddove è presente un pericolo per cui prepara il corpo alla fuga o all’attacco apportando delle modifiche fisiologiche atte a preservare la nostra vita, ovvero a reagire in modo automatico al pericolo.
Nel nostro corpo, in presenza di un pericolo, si ha il rilascio di ormoni: adrenalina e noradrenalina che accelerano i battiti cardiaci, aumentano la sudorazione e spingono il flusso sanguigno verso le mani e le gambe per prepararci alla fuga o al combattimento.
Tutto ciò si attiva non solo quando siamo di fronte ad una minaccia reale ma anche quando un semplice stimolo esterno innesca la nostra memoria emozionale andando a riprendere la reazione primaria a quello stimolo nella banca dati dei ricordi emozionali significativi che risiedono nell’ippocampo. Tale meccanismo, per il principio della generalizzazione, si attiverà ogni qualvolta viviamo qualcosa di simile alla prima esperienza.
Quando eravamo piccoli un cane, per giocare, si è avventato su di noi e associamo all’evento l’emozione della paura. Da grandi quell’esperienza emotiva significativa e le relative reazioni fisiche si attiveranno anche se vediamo un cane da lontano, che non rappresenta certo una minaccia reale.
Lo stesso evento, vissuto da soggetti diversi, può causare emozioni e reazioni fisiologiche differenti in base alla catalogazione archiviata. Nell’esempio precedente il cane rappresenta un pericolo, per cui l’emozione ad esso associato è la paura, con la relativa fisiologia e l’azione di allontanamento. Per un’altra persona che ama i cani, la stessa esperienza genera un’emozione e una reazione fisiologica differente: benessere, amore, attaccamento. È l’approccio mentale negativo o positivo che determina il comportamento associato.
Possiamo affermare che l’emozione è un processo fisiologico che nasce nella mente o può essere un processo mentale che altera la fisiologia dell’individuo.
L’organismo secerne anche ormoni che determinano reazione fisiologiche collegate ad emozioni definite positive: l’endorfina, considerata l’ormone della felicità e del benessere, l’ossitocina, legata all’amore, al senso di fiducia, di attaccamento affettivo, l’adrenalina, all’energia, la dopamina, al piacere e alla soddisfazione e la serotonina al buonumore.
Le reazioni fisiologiche collegate possono essere rilassamento del corpo, rallentamento dei battiti cardiaci o accelerazione degli stessi per vivere piacevolmente l’evento.
Van Gogh sosteneva: “Le piccole emozioni sono i grandi capitani delle nostre vite e noi gli obbediamo senza rendercene conto”. Infatti, spesso esse prendono il sopravvento, guidano il nostro comportamento e, di conseguenza, la nostra vita, condizionandoci a prendere decisioni affrettate di cui in seguito ci pentiremo, o ci obbligano a vivere in uno stato di frustrazione e sensi di colpa una volta che svaniscono.
In questo caso, le emozioni diventano i nostri nemici e ci rendono l’esistenza difficile, trasformandoci in “vittime inconsapevoli” e non protagonisti della nostra vita.
Ciò accade in quanto la maggior parte delle persone conosce solo due modi per affrontare le emozioni: reprimerle o esprimerle sugli altri, entrambi sono distruttivi e nocivi per il nostro organismo.
Quando reprimiamo le emozioni che sorgono in noi, tutti gli elementi chimici, gli ormoni entrano in circolo, non vengono utilizzati e restano nell’organismo provocando le malattie che in quest’ottica non sono altro che emozioni represse; l’altra alternativa è scaricarle sugli altri, atteggiamento che definiamo semplicisticamente “esprimere”, ovvero riversiamo la nostra rabbia o le emozioni negative sulla persona che le ha provocate o addirittura in ambiti che non c’entrano nulla con l’emozione stessa: nel rapporto coi bambini, nella politica, nella religione, ecc.
Tale atteggiamento danneggia l’organismo in quanto dopo aver scaricato l’emozione all’esterno continua ad essere teso e a livello psicologico genera un senso di colpa per l’atteggiamento assunto; ciò non fa defluire gli ormoni attivati precedentemente e il corpo non si rilassa, anzi avvertiamo quell’emozione depotenziante per ore o addirittura giorni, caricandola di energia.
Le emozioni sono sensazioni immediate che durano 90 secondi, dopo i quali se non li alimentassimo andrebbero via, invece con l’associazione del pensiero, le alimentiamo, le facciamo evolvere, continuando a produrre nuovi stimoli che le renderanno più stabili, condizionando le nostre scelte. Più ci sforziamo di controllarle più esse ci controllano.
Allora cosa bisogna fare?
Riconoscerle, ascoltarle e lasciarle andare perché ci permettono di adattarci alla realtà e alle sfide della vita.
Ti ha incuriosito l’argomento?
Bene, ti invito a leggere il prossimo articolo dove scoprirai concetti fondamentali per essere sempre più consapevole, evolversi, imparare ad avere padronanza sulle emozioni e trasformare il tuo potenziale in realtà.