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Disturbi della condotta alimentare

Disturbo condotta alimentare
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L’allarme sociale per i disturbi della condotta alimentare suscita curiosità ed interesse. C’è una gran voglia di capire, sempre di più, di non essere indifferenti verso tanta sofferenza.

Occorrono disponibilità e cautela per comprendere fenomeni davvero complessi come i DCA. 

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) o disturbi dell’alimentazione sono patologie caratterizzate da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. 

Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile. I comportamenti tipici di un disturbo dell’alimentazione sono: la diminuzione dell’introito di cibo, il digiuno, le crisi bulimiche (ingerire una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo), il vomito per controllare il peso, l’uso di anoressizzanti, lassativi o diuretici allo scopo di controllare il peso, un’intensa attività fisica. 

Alcune persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo dell’alimentazione. Ci sono infatti dei criteri diagnostici ben precisi che chiariscono cosa debba intendersi come patologico e cosa invece non lo è.

 È solo questione di diete?

Formattiamo questo pensiero, perché questi problemi non riguardano sostanzialmente questioni di elementi nutrizionali: non si tratta soltanto di calorie, di grassi animali o vegetali, o carboidrati, acidi grassi saturi o insaturi ecc..

Il cibo ed i suoi componenti hanno costantemente valenze molteplici che trovano il loro senso nella storia e nella forma mentis della persona e del suo gruppo di riferimento.

Il cibo è alimentazione, ma ciò che tiene su il corpo è l’alimentazione a tutto campo; l’energia in tutte le sue forme, lo spirito vitale, la vita appunto. Lo è nei suoi aspetti materiali, concreti, come in quelli immateriali, dei ricordi, dell’educazione, dei simboli, della cultura.

E’ alimentazione tutto ciò che è umano, nel corpo, nella mente, nello spirito. Ogni individuo ci annette gli elementi più vari sulla base del suo costrutto biologico e psicologico.

Nel cibo si possono quindi scaricare tutti gli aspetti che compongono la vita. 

 

Come ad esempio: nel cibo ci sta il rapporto con il corpo, il corpo concreto con le sue forme e le sue evoluzioni, ma anche quello assente ma desiderato o quello temuto; la voglia di arricchirlo o semplicemente il dovere di sostenerlo oppure quello di modificarlo o di aggredirlo e di annullarlo.

Per evitare di elencare ogni aspetto della vita che può condensarsi nel cibo, possiamo riassumerlo nel dire che qualsiasi aspetto, elemento, concretezza o astrattezza, emozionale o cognitiva, fisica o spirituale può trovare spazio nel cibo.

Si può sintetizzare in: il cibo può essere mondo, tutto il mondo in un colpo solo o qualsiasi suo elemento, parziale o minuscolo che possa essere. 

Lo stesso individuo può riflettersi nel cibo che assume o rifiuta; con il suo corpo, le sue forme e dimensioni. La sua immagine reale o creata, temuta o desiderata; infatti per molti il cibo diventa il centro della vita, mentre per altri può diventare uno strumento quasi inerte utile solo a ricevere energia fisica: estremi, lontanissimi, entrambi umani.

Per queste ragioni tra le diverse forme di DCA vi può essere una differenza così radicale da rendere impossibile dare una classificazione chiara e precisa.

Se andiamo ad analizzare che cosa sono i DCA, concludiamo che non è possibile guardare al rapporto fra essere umano e alimentazione come a un fatto puramente naturale. Il rifiuto del cibo e gli eccessi alimentari sono rilevati come la conseguenza dell’incapacità della persona ammalata di distinguere la fame dalle altre sensazioni ed emozioni. 

La profonda distorsione dell’immagine corporea, l’impossibilità a identificare e a rispondere agli stimoli interni, il sentimento di inefficacia che pervade ogni aspetto dell’esistenza costituiscono il fondamento dell’anoressia che risulta essere il tentativo disperato di affermazione di sé ai propri come agli altrui occhi.

L’incidenza dei disturbi dell’alimentazione può essere difficilmente valutata al di fuori del contesto culturale. 

Negli ultimi decenni una magrezza estrema – modello difficile, se non impossibile, da raggiungere con un sano regime alimentare – che è associato ad aspetti comportamentali ritenuti vincenti quali il controllo, il fascino, l’autodisciplina ed un’alta autostima

Eppure, attraverso i media, le riviste, la televisione ci giungono continuamente messaggi che pubblicizzano cibi molto appetibili, spesso proposti in smisurate quantità. 

Si tratta di una sorta di messaggio schizofrenico: un conflitto tra la pressione culturale che ci spinge a perdere peso e la sovrabbondante e ipercalorica proposta alimentare. Si crea un divario tra i nostri desideri di magrezza e la realtà biologica e genetica con cui dobbiamo quotidianamente fare i conti. 

Realtà che, rendendoci infelici ed inadeguati per la forma del nostro corpo e per il nostro peso, ci fa diventare vulnerabili e fragili.

 




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Eleonora Peverieri

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